James Anhanguera

 

       La triste

       e bella

       saga dei

       brasiliani

 dalla tragedia del Sarrià alle arene italiane

   

 

Brani

 

 

                             Falcão 
                          Zico Sócrates
                               Cerezo Júnior Dirceu
                                          Edinho  Batista  Pedrinho
                                                   Juary Elói Luvanor

 

                                                                                                       

 

 

 

                            

 

    30 anni dalla tragedia del Sarrià

            dallo storico scudetto

            della Roma di Falcao  

   e dalla nascita del calcio-industria in Italia 

                                                 5 luglio 1982 – 14 maggio 1983

                                                        1982-85 · 2012-2015

                       Leggi il libro e segui la partita 30 anni doppo

 

      

 PERCHÉ IL CALCIO HA PERSO

   Le Torri Gemelle del WTC, Nuova York, avevano appena franato e un editore romano mi chiede: Ma perché lei non scrive sui brasiliani di adesso?  
  Primavera a Rio – gli uccelli rilasciano i primi gorgheggi. Nove mesi dopo Cafu, Ronaldo, Rrrroberto Carlos conquisterebbero il pentacampionato.
Questa qua sembra la prima generazione di grandi assi dopo quella che si è rivelata al mondo nel Mondiale di Spagna del 1982.
  Vent'anni dalla strage di Sarrià, che trascorrerebbero nel 2002... 
      Sarà forse spingere un po' troppo  proporre un flashback a qualcosa che pare così lontana.
        Cinque anni dopo la generazione pentacampionessa va in Germania per l'indubbitabile conquista del hexa, il Brasile tecnicamente moltissimo superiore a tutti, a anni-luce da ogni nazionale nel 2006.
Titolo del giorno di Brasile-Francia nei quarti-di-finale in Germania:
Oggi Zidane va in pensione
Di nuovo Zinedine Zidane compie qualche  miracolo e dopo un capello in Ronaldo lancia la palla su misura per Thierry Henry fare 1 a 0.

  

  

     Falcao 
Zico Socrates
 Cerezo Junior
      Dirceu
  Edinho  Batista 
      Pedrinho
  Juary  Eloi  Luvanor
 
            
   

  La triste

  e bella

  saga dei

 brasiliani

dalla tragedia del Sarrià

    alle arene italiane

 

Assi ex-morti-di-fame ormai miliardari passano a essere diffamati per mancanza di grinta e vibrazione in un torneo in cui fanno capire non aver più nulla da conquistare.

 Tutto all'inverso della squadra del '82, che non conquistò nulla.

Zidane sembrava un po' Falcao nel Mondiale del '82. L'eleganza con che giocava quando riceveva la palla, si fermava, guardava... sembrava un palo distribuendo gioco da manco a destra – commenta il narratore della partita in cui Cafu, Rrrrroberto Carlos... hanno detto addio alla maglia gialloverde.

 

LA GRINTA LA GRAZIA E IL GARBO

Questa volta non si sono impauriti come Ronaldo nel 1998. Hanno disdegnato l'unica roba diversa del solito piatto di riso-e-fagioli che la folla può consumare.

Mancanza d'orgoglio, pure di carattere... di tutto sono accusati. C'è chi si ricorda di Rrrrroberto Carlos ostentando, come un bimbo un giocattolo, orologi da 100 mille dollari prima del Mondiale del '98.

Quanta differenza in comparazione con la nazionale della democrazia corinthiana e delle giornate per la fine della ditadura militare.

Da un momento all'altro la folla distrugge gli ornamenti che l'hanno datto tanto da fare per qualche settimana, donne e bimbi tagliando e amodando una dopo l'altra le stricie e bandiere gialloverdi della patria del calcio, e strappa l'inzuppata e ubriaca maglia falsificata della nazionale che forse non è mai stata tanto in grado di vincere una sfida del genere prima del suo esordio. Desirmanati della indig-nazione idollatra gli assi sono sgridati.  

  Tutto all'inverso della nazionale del '82, che ha sorpreso tutti dimostrando essere la favorita in campo con il suo futebol-arte per poi essere soppiantata dalla azzurra nello storico pomeriggio della tragedia del Sarrià, ha pianto per l'elliminazione e è stata ricevuta con festa dai tifosi all'aeroporto.

  

Cosa è cambiato tanto in 30 anni?

 

Gli assi del '82 hanno protagonizzato la nascita del calcio-industria che l'ha fatta finita con il garbo del gioco e dei calciatori.

         Un po' fuori ruolo in una farsa denunciata dalla presa di posizione discreta ma tuttavia contundente di Socrates, o Doutor Diretas-Já, quando di livello superiore i calciatori di quell'epoca avevano, oltre la classe, quel che manca a tanti assi di oggigiorno – umiltà. E grinta. Pure nella sconfita che specchia i più seri disgusti della vita. E se non avevano la testa a posto per amministrare la carriera e la propria reputazione si facevano del male davvero.  

Perché la gerazione del 1982, che non ha vinto nulla, va sempre ricordata.

Perché il calcio ha perso la grinta, la grazia e il garbo.

 

È quello che si assiste da qui.

 

         cyberzine   & narrative di james anhanguera

 

 

         Non si è mai vista una Roma  

           così grande e così bella

            come quella di Falcao

 

 

                                            L' ottavo re di Roma

 

 

        Temerario, il reporter prende posto nella Curva Sud Distinti, accanto alla Curva Sud, dove si posta una delle più brullicanti tifoserie del pianeta. Gli ultrà della Curva Sud romanista sono molto più affascinanti che gli hooligan, giovani lupi feroci per cui la più grande diverzione è gridare e cantare in coro frasi d'incentivo e inni in onore alla sua squadra tratti da celebri pezzi musicali. Giovani lupi innamorati della Roma come dei selvaggi. Le partite più scaldanti sono festivali di canti, parole d'ordine e esaltazione, tuoni di tamburi, ovazioni, fumogeni, confetti, bandiere e striscie giallorosse e gialloverdi - spettacolo dentro lo spettacolo del calcio-spettacolo. Il titolo mondiale dell'Italia fa con che i colori delle belle maglie delle squadre sembrino più vividi. Ogni domenica pomeriggio fumogini multicolorati danno sfumature di grandiose produzioni operistiche alle sceneggiature intorno alle partite.

        Una grande striscia stesa ai piedi della Curva Nord esprime l'intensità di vibrazione del sentimento romanista:

          Roma ascolta questa voce  che parla.

            È nostro cuore un cuor che con amore

              aspetta   il   tricolore

                                                                                                                                                                    

           Nei tratti più caldi della partita la Sud intona in unissono un ritornello che suona come una preghiera oppure una profezia:

 

                       VINCEREMO! VINCEREMO! VINCEREMO IL TRI-COL-LOR!..

 

          Le celebrazioni romaniste del calcio assumono aria di cerimonie mediuniche. Se un calciatore di casa resta per terra la Sud  pregha in coro, alzando il braccio destro:

 

                           ALZATI! 

 

         Se è un nemico che cade, al ritmo di tamburi clama un tanto breve quanto macabro cantico di condanna, i polici puntando giù, come dei cesari dalla tribuna delle vestali:

 

    DEVI MORIRE! (tam, tam - tam - tam, tam)

 

         Mica per caso l'arbitro designato dal giudice sportivo della Federazione Italiana Giuoco Calcio per la partita Roma-Atalanta si chiama Bergamo. Quando la rissa  è più calda e i romanisti si sentono preggiudicati la Sud si attacca alle sue calcagne come se lui fosse un pleonasmo, cantando le due prime frasi del corale Va’ pensiero dell'opera Nabucco adattate a un grido infiammato contro l'uomo in nero, che starebbe aiutando la squadra ospite:  

 

          Bergamasco gran fil di mignoootta

          pezzo di merda sei tu, sei neroblù!

 

     Lo stadio riflette le tensioni della città, con battute settantottine: Sei figlio di una cooperativa di puttane!!! - urla un tifoso della Distinti all'arbitro di Roma-Fiorentina un mese dopo la sfida col Pisa. Nell'intervallo, lo stadio stracolmo, un tifoso accende una enorme canna di hashish. Spremutto nelle scale un tizio accanto gli chiede senza troppi aggiramenti:

        - Mi fai dare un tiro?

        - Senz'altro. Ecco, prendila. Fumala tutta!

        - Tutta?! Ma... e te?

        - Ah, io non gliela voglio più... sono e-ster-re-fat-to!

 

...

 

 

     Tutti i pronostici sono favorevoli alla squadra di Falcao e dell’austriaco Herbert Prohaska, appena arrivato dall’Inter e che sembra piuttosto scialbo, nonostante l’onorevole cronista Gianni Brera lo abbia considerato il miglior in campo nel Juve-Roma. La Roma dovrà per forza vincere il Pisa. Allenati dal brasiliano Luis Vinicio i visitanti rientrano in Serie A dopo un’altra stagione in B. Dal suo storico sarebbero condannati a lottare contro una nuova retrocessione ma sorprendono nelle prime giornate della competizione. Sono a solo due punti dai leader, Roma e Verona. Lo stadio non è pieno e la Distinti presenta ampi spazi vuoti. Molto spazio per uno prendersi un po’ di sole nella brillante domenica d’autunno.

     La Roma perde per 1-0 all’inizio di una partita molto tesa, nonostante il suo favoritismo. Guida in duo con i veronesi un plotone compatto, con Juventus e Torino a solo un punto di stacco, in queste prime presentazioni di un lungo campionato a 16 squadre con turni di andata e ritorno. Siamo all’ottava giornata e i romani vengono dalla sconfitta contro la Juventus nell’antica sede del regno dei Saboia, oggi sede della Fiat.

     Nonostante la scossa, la squadra di casa domina la partita e pressiona nel tentativo di darne la svolta quando, quasi alla fine del primo tempo, Falcao spunta isolato nel settore sinistro della piccola area dinanzi al portiere Mannini. Sarebbe vera gloria un gol di Falcao proprio nell’esordio all’Olimpico... lui è bravo, non fallirà quello. I muscoli tesi della gamba destra antecipano per un attimo il calcio con che l’asso dovrà infilare la palla in rete, in un probabile tiro al volo. Ma la palla prende una traiettoria totalmente imprevidibile in diagonale, passando lontano dalla traversa, in una delle rete più clamorosamente perse della storia.

     CARAALHOOO!!! - il reporter si alza di sbalzo e si siede subito dopo, vessato, ma un tifoso in avanti guarda in alto e per il pubblico intorno gridando e puntando: Guaaarda! C’è un brasiliano qua! Una della terra di Farcao! Con decine di occhi e sorrisi intorno - ecco il popolo mio!... - ride per la platea come se fosse in una commedia di Cinecittà, un film di Totò fra gli antichi romani o una storia di Obelix. Allea jacta est! Avendo chi si ricordi dell’ottavo re i brasiliani saranno sempre benvenuti a Roma. Veni vidi vinci grazie a Farcao...  

 

...

 

 

        Non si vede quasi mai Falcao fare delle finte ancheggianti o scivolanti passaggi in slalom fra due o tre avversari.  Il suo stile di gioco non dipende di dribbling e lui gliene commette solo quand'è assolutamente necessario. Non gioca mai di "tacchi alti", "per la platea", come si dice in Brasile, traboccando l'entusiasmo. Si è trasferito dal paese del malandrinaggio - la terra del jeitinho - alla culla del malandrinaggio, dell'arte di arrangiarsi - la Roma do jeitinho. Ma è fin troppo serio, e l'apparente fredezza dell'asso brasiliano causa ancora più sbalordimento ai calorosi tifosi romanisti. Paziente e calcolatore, finalizza le azioni solo quando si trova ben impostato e passa la palla soltanto quand'è assolutamente sicuro del successo del tocco con che intende svilupparle.

Quasi non sbaglia passaggi. Tante volte domina la palla e vaga di là in qua e di qua in là per tempi infiniti, esigendo  il massimo della pazienza del tifoso. Fino a quando inventa  un lancio di mezza distanza o passa la palla indietro o di lato, per posizionarsi meglio, tornare a riceverla e provare di mettere in motto un'altra azione.

È il maestro del complesso. La sua tecnica molto al di sopra della media salta agli occhi nei campi italiani.

       

Il successo di Falcao con la Roma è anche la vittoria della tecnica sul catenaccio juventino e di quasi tutte le squadre italiane. Le ricezioni di petto di palle lanciate pure da lunghissime distanze fanno il pubblico dell'Olimpico scatenare grida di rinnovata ammirazione. Siamo al Colosseo o al Circo Massimo duemila anni fa, il calcio è il circo contemporaneo, e l'arte di Falcao è intemporale. Lanci precisi di 40, 50 o 60 metri in aperture di azioni per i tricampioni del mondo Bruno Conti, sull'ala destra, o Francesco Ciccio Graziani, sulla sinistra, o vice-versa, fanno i romanisti urlare di sbalordimento: Madooonaaa!!!

 

...

 

 

     Nel pomeriggio grigio-piombo  di 8 dicembre 1982, giorno dell’Immacolata Concezione, nel quale la Roma bisogna vincere il potente Colonia di Germania con due reti di scatto per qualificarsi ai quarti di finale di Coppa Uefa, il papa è forzato ad interrompere la preghiera alla Madonna di Trinità dei Monti, sopra Piazza di Spagna, quando Falcao fa il gol che garantisce la qualificazione ed il popolo della vicinanza reagisce con frastuono. Il 5 della Roma intercettó la palla quando essa viaggiava velocemente a mezz’altezza nella grand’area e aprendo il compasso in 90 gradi, con una zampata tutta rabbia e fulmine, l’ha infilata al volo nella porta avversaria a soli due minuti dal termino della partita.

...

 

 

        Tremila euforici tifosi sono andati a ricervelo due anni fa all'aeroporto di Fiumicino e, pure se non si è adattato di immediato, "fu subito chiaro che mai soldi, ad occhio di romanista, furono tanto benedetti e ben spesi", come ha inciso per la cronaca il  Guerin Sportivo. Mimmo Carratelli, dello stesso settimanale  di Bologna, sottolinea che Falcao "è piacuto subito".

        - Aveva una grazia superiore. La grazia, intesa anche nel senso d'essere stato toccato divinamente nel fare il suo mestiere di calciatore, è il suo stile - ha scritto il cronista, proseguendo la sua fantasia:

        - Nessuno sui campi ha le sue movenze. Falcao, tagliando in diagonale, sa essere lieve e forte: una vela che va. La vela che Falcao è va sui campi di calcio e incanta. Ondeggia e incanta. Alto e biondo, non incantava per questo. Incantò per come teneva il campo.

        Carratelli lo ha visto giocare per la prima volta in un disastroso Napoli 4x0 Roma, nel quale egli dette "spettacolo a sé", perché la squadra romana "non lo aveva ancora assimilato". "Quel giorno la Roma era al buio. La luce di Falcao brillò inutilmente."

...

                    

 

        Falcao è stato fra i primi brasiliani acquistati da società italiane dopo la riapertura delle frontiere. Con Eneas e Luis Silvio, contrattati dal Bologna e dalla Pistoiese, ha datto inizio al nuovo esodo di calciatori gialloverdi all'alba della globalizzazione del mercato calcistico e del capitombolo delle frontiere e dei muri di Berlino del pianeta. Fra qualche anno centinaia di brasiliani attuerano nei quattr'angoli del mondo e molti fra loro saranno sconosciuti nel suo paese stesso. Adesso come adesso le squadre italiane possono attuare soltanto con due atleti stranieri. Fiaschi come quegli di Eneas e Luis Silvio - subito ricambiati al paese d'origine - non furono eccezioni e, come molti altri, han messo in evidenza la mancanza di stesura delle società italiane per lo slancio della multinazionale del calcio dal suo paese. L'anno dopo, Orlando Lelé (matto) è venuto all'Udinese -  che dalla stessa forma precipitata come l'acquistò lo ricambierà in Brasile - e Juary è arrivato ad Avellino. Edinho e Dirceu sbarcano subito dopo il Mondiale di Spagna.

        In quattro anni di riapertura del sipario agli stranieri la legione brasiliana avrà ben 12 giocatori, con il (da allora ex) terzino Junior, e il potente centrocampo-attaccante della seleção del 1982: Falcao, Cerezo, Socrates e Zico. Col terzino destro Leandro, del Flamengo, la crema della chiamata generazione perduta, di che si parla come se non avesse vinto niente perché non ha vinto un campionato del mondo. Zico è stato campione della Coppa Intercontinentale e re del Maracanà, della Bombonera di Buenos Aires, di Wembley, del Parco dei Principi e di Siviglia. Quasi tutti sono stati campioni staduali e/o brasiliani, due di loro riusciranno addirittura a vincere il campionato italiano, ma porteranno per sempre lo stigma di Sarrià. Anche chi non vincerà nulla guadagnerà un sacco di soldi e rispetto in cambio della propria competenza e integrità, in un'era in cui non si gioca più solo per "amore alla maglietta". Il nero Juary sarà espellito dall'Inter; porterà casa e famiglia sulle spalle per mezz'Italia ma avrà la sua rivincita nel Porto, di Portogallo. Socrates e Eloi falliranno clamorosamente ma non lascieranno di far veder la sua grande classe qua e là nella capitale del calcio in quest'anni di preambulo della globalizzazione, quando il mondo diventa un megavillaggio globale e i nuovi condottieri dell'industria e della finanza italiane partono spericolatamente alla sua conquista.

        Dopo la Copa de 82 l'Italia diventa un grande laboratorio di test per la trasformazione definitiva del calcio-passione in calcio-industria, quando la gestione delle squadre e l'organizzazione di grandi spettacoli conta molto di più e, come pivò del fenomeno, l'artista è sempre meglio rimunerato, assumendo il medesimo  status dei grandi astri di Hollywood. Paese d'emigranti, l'Italia passa ad importare la manodopera più costosa del mondo, ma anche ad esportare un'altro bene di consumo estremamente cattivante. Il calcio sarà la quinta più importante industria italiana, poi la quarta e così via. Con il successo di Falcao il Brasile passa a seguire il campionato italiano in diretta in un momento in cui il calciatore raggiunge l'apice come fenomeno di mass media (quella di Pelè è una vicenda a se stessa). Mezza "generazione perduta" - quasi tutti i suoi più gran genii - ha datto spettacolo nella terra dei campioni del mondo, la sua rivincita del disastro di Sarrià. La manodopera calcistica diventa l'ultima materia prima d'esportazione brasiliana, insieme alle mullate. Il casino nel calcio brasiliano è tale che nei primi anni le società locali non ne approfitteranno più di tanto, vendendo calciatori allo sbaraglio.  Il portoghese Manuel Barbosa, uno dei intermediari di più grande successo al mondo, per esempio, ha fatto fortuna intermediando l'acquisto dei difensori Ricardo Pinto, Mozer e Aldair dal Benfica di Lisbonna a "prezzo di banana" e la sua rivendita a peso d'oro per squadre francese e italiane.

 

...

 

 

        Falcao è il primo fenomeno di mass media romano dai tempi di Anna Magnani e Alberto Sordi. Dopo lo scudetto 82-83 scompartire po' che sia l'intimità dell'idolo massimo della città - e uno dei più grandi miti d'Italia negli anni '80 - è un privilegio da corteggiano. Un poster della Roma campionessa autografato dal divo dà diritto a consumo gratis nel bar all'angolo per mesi di seguito. Ma nessuno se ne frega veramente di quel che l'idolo fa o meno fuori delle quattro righe: ciò che gli è chiesto è di presentarsi in gran forma in campo ogni domenica e lui non delude quasi mai. Ogni due settimane incendia gli spalti traboccanti dell'Olimpico che, giallorossi e gialloverdi, cantano sulla melodia di Jinglebells: Roma-ê, Roma-ê, Roma, Roma... prima di gridare FARCAO!!! ed intonnare la marcia trionfale dell'Aida.

 

   

 

Idiossincratica Italia. Paese moderno, con buona infrastruttura di porti e ferrovie, ripaginato per le macchine, culla di marchi-fetici mondialmente famosi dei più diversi prodotti manufatturati, terra di gran dolcezza e gentilezza ma anche della rovina politico-amministrattiva - da quarant'anni è sotto governi guidati dalla DC -, di aberranti contrasti socio-economici, dell'asprezza e della mafia. Sembra un paese latino-americano o la Grecia, con parecchi tentativi di colpo di stato  per imporgli una ditadura negli anni '60 e '70.

I figli del baby boom italiano si sventrano in successive onde di protesta contro l'enormi divergenze di uno dei - a un solo tempo - più vecchi e più giovani paesi d'Europa. Incentivano scioperi, occupano università, fanno tanto casino sotto la pioggia (Antonello Venditti). Creano brigate rivoluzionarie che intendonno colpire lo Stato con agguati contro giudici e polizioti, ma il potere continuerà ancora per vent'anni nelle mani di "cittadini al di sopra di ogni sospetto", corruttori e corrotti, alleati a tutte le mafie, come si vedrà dopo. La lupa che gli dà da mangiare adesso è Washington, che chiude gli occhi e ammette tutto per evitare che i comunisti arrivino al potere tramite il voto. Nel centro-sud d'Europa, la penisola vive um western-spaghetti con oscure trame di spionaggio e controspionaggio, manovre colpiste di militari e massoni e azioni sanguinarie della centrale neofacista contro bersagli indiscriminati, in annuenza com militari, banchieri e mafiosi; con sequestri di ricchi e famosi, aguatti delle brigate rosse, bombe "nere" e resoconti fra i diversi clan delle mafie. Questo, prima della mafia siciliana, al miglior stile americano, cominciare a mandare in aria macchine con governanti e giudici. Trama complessa...  

        Le agitazioni studentesche e di lavoratori del 1968-69 - il sessantotto - che hanno giunto l'apice nell'autunno caldo, quando le teste dei Agnelli sembravano a premio, hanno assunto altri sentieri nel decennio successivo, con brigatisti e autonomi e indiani metropolitani. Le Brigate Rosse hanno strapolato col sequestro del generale nordamericano James Lee Dozier, comandante delle forze dell'OTAN a Padova, nel 1981. Forse perciò lo Stato - o cos'altro? - ha voluto che le Brigate Rosse e altri grupi armati d'estrema-sinistra fossero annichilati. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu chiamato a comandare l'operazione, che in poco tempo ha messo tutti i suoi leader e seguaci in prigione, decretando la fine dei anni del cosidetto  Movimento di rebellione studentesca e di giuventù. Strano che brigatisti o mercenari a servizio della destra restino in libertà. Questo stesso "Stato" ha deciso nel frattempo non far nulla contro le più sanguinarie estrema-destra e mafia. Al contrario, inviò Dalla Chiesa in Sicilia presumibilmente per estinguere la piovra, ma in verità per essere ucciso, quel che acaderebbe tre mesi dopo il suo arrivo a Palermo.

        - Non sapiamo quando partiamo; non sapiamo quando arriviamo; possiamo perfino legitimamente domandare se c'è una bomba sulla carrozza in cui stiamo conversando - diceva un rappresentante commerciale a Marcelle Padovani, del Nouvel Observateur di Parigi, sul treno Roma-Milano nel dicembre 1972.

        Quando Falcao è arrivato a Roma l'Italia rimaneva a ferro e fuoco e sotto governi democristiani inoperanti. Si legge e sente un po' dappertutto su fortissimi sospetti di che la mafia aveva stretto i legami con lo stato attraverso Giulio Andreotti, eminenza grigia del regime, che non si è mai allontanato dal potere (fu sette volte primo ministro e titolare di posti ministeriali in ben altre 38 occasioni) e che avrebbe ruolo centrale nella permanenza di Falcao a Roma per cinque anni. Non si può mica sognare adesso che Andreotti, personaggio sinistro e allo stesso tempo affascinante, spertissimo in politica internazionale, finirà un giorno alla sbarra del tribunale-bunker di Palermo sotto l'accusa di coinvolgimento con la mafia.  

 

...

 

    (tam-tam-tam) Falcao! (tam-tam-tam) Falcao!

- gridano i romanisti a 15 minuti dal fischio di chiusura, quando la Roma vince per 2-0 e l'Olimpico è già pronto per la festa. Tutte le azioni cominciano o finiscono con Falcao, in stato di grazia con la platea, un divo illuminato. Tranquillo con quel che succede a casa, il pubblico romano quasi non segui più la partita, accompagnando invece l'evoluzione di quella di Torino dalle radioline e dai teloni ai capezzali dello stadio. La Juventus sorprendeva perdendo per 3-2 con l'Inter al Comunale di Torino. Con cinque punti in più della Signora, la Roma sarebbe campionessa in quel pomeriggio stesso, a tre giornate dalla fine della competizione. Platini ha raggiunto Sandro Altobelli nella classifica di marcatori e per la prima volta sarà il capocannoniere d'Italia, con 15 reti. Lo squadrone juventino si batte come può per non perdere lì il tram del tricampionato contro i nerazzurri di Juary, che da molto seccava in panchina. Fino a che, negli ultimi minuti di gioco, Roberto Bettega - assente del Mundial di Spagna a causa d'una contusione - ha pareggiato, lanciando una doccia d'acqua fredda sull'animo già abbastanza esaltato dei romani, venuti all'Olímpico sognando con carnevale antecipato. Ma, dopo il fischio di chiusura, tornano a gridare in trionfo al di sopra della marcazione dei tamburi della Curva Sud:

   (tam-tam-tam) Falcao! (tam-tam-tam) Falcao!

 

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        L'ultimo divo romano in una favola in diretta.

 

...

 

 

   Liedholm è grande e Falcao il suo profeta

   proclamma un giornale quando finalmente la Roma assicura il titolo.

 

     Qualche tifoso più accanito esige che sia eretta una statua in onore all’ottavo re di Roma proprio al Campidoglio, là dove da cinque secoli il posto d’onore è occupato dalla celebre statua equestre di Marc’Aurelio scolpita da Michelangelo.

     - Marc’Aurelio? Ma chi lo conosce? - tira un tassista sventolando le mani sul volante.

     Compiuta la sua promessa di dare il sospirato titolo alla squadra ormai il solo dubbio è (ma che dubbio però): Falcao rimane a Roma o no? Non ce ne sono passati ancora tre anni da quando al suo arrivo, ad esempio di tanti altri assi - o presunti assi - stranieri, ha fatto la promessa di conquistare l'ambito tri-col-lor e nei primi mesi di soggiorno romano, quando abitava all’Hotel Doria Pamphili, un tifoso gli domandò: “Paolo, quando ci regalerai un numero?” E lui: “Preferisci il numero o lo scudetto?” “Il numero. Perché sognare con lo scudetto?”

     - Loro amavano la squadra senza pensare in successo - si sbalordisce.

 

     La Juve esagerò e continuerà esagerando in vittorie. Altre squadre - poche, è vero - conquisteranno lo scudetto per la prima volta o come se lo fosse. Ma nessuna vittoria avrà la stessa ripercussione di quella del secondo titolo nazionale di calcio della Roma, 41 anni dopo il primo. Perché i romanisti sono più festaioli e perché Roma può essere una città un po' provinciale ma è al centro delle attenzioni nel paese, perché è la capitale e qui c'è la sede della più grande emittente televisiva italiana e la tivu comincia ad essere quasi la sola ragione d'essere del calcio globalizzato. Non manca poi molto all'arrivo del tempo in cui gli stadi saranno grandi studi televisivi, come pronosticò l'uruguayo Eduardo Galeano.  

 

...

  

    Colombo si è riunito con un direttore della squadra in un'azione tendente a "sciogliere il ghiaccio" che s'è interposto fra le parti e, il giorno dopo, ha avistato Viola, con chi parlò per tre ore. Poi è andato a trovare l'allenatore della Roma, Nils Liedholm, arrivato due ore prima dalla Svezia, dove ha trascorso le vacanze.

        Con il periodo di contrattazione di stranieri esaurito la Roma non ha acquistato "nessun calciatore di statura mondiale" oltre a Cerezo, dice all'arrivo Liedholm, che sorprende a tutti sgridando il padrone: 

        - Come sostituire un fuoriclasse come Falcao, soprattutto adesso che non è più possibile prendere altri stranieri? Ce ne sono tanti campioni in giro ma nessuno come Falcao. Con lui abbiamo perso il modello, l'esempio, il profissionalismo, la mentalità vincente, la guida della squadra. La mancanza di Falcao potrà essere determinante in Coppa Campioni. Paolo era il pezzo centrale per fare funzionare tutto il meccanismo. Nel prossimo campionato non saremo più superiori agli altri. Giocheremo come dei poveretti. Non ce ne sono più possibilità di rinforzi perché Falcao è insostituibile.

 

...

 

 

        Per nove giorni nell'estate del 1983 il barocco e il moderno di Bahia si giungono all'imponenza classica e barocca di Roma. È un regalo per i sensi sentir manifestarsi la gioia traboccante e la serenità intimista baiana nella Roma mistica e pagana dell'alta estate. La Roma delle antiche saturnalie e battaglie di carri navali, di altri, longevi carnevali. La mitica Bahia delle 365 chiese trova forse la più perfetta traduzione nell'immagine sintetica di Roberto Rossellini, che l'ha chiamata Roma nera, secondo Glauber Rocha, suo sinonimo in arte e cui opera è ricordata alla sera inaugurale di Bahia de Todos os Sambas. L'evento  porta a Roma una delle più ricche e rappresentative ambasciate musicali mai organizzate, che si esibirà nel Circo Massimo, dinanzi alle rovine illuminate del Palatino. Qualche volta piove e l'umidità è quasi insopportabile, ma sera dopo sera miglaia di romani hanno un primo contatto coi diversi stili della musica baiana. E non solo. Un'opera prima di Glauber e Rossellini girata da Leon Hirzman -  appena laureato col Lione d'Oro del Festival di Venezia con Loro non portano black tie - e Paulo Cesar Saraceni, che filmano l'evento. Roma di tutti i samba.

        I tecnici si sono imbrogliati e quello che doveva essere un spettacolo cinemusicale organizzato da Gianni Amico, con pezzi di film di Glauber “illustrati” da Naná Vasconcelos, Gal Costa, Gilberto Gil e il gruppo etnomusicale Vivá Bahia sembra piuttosto un ommaggio "confuso e emozionato come l'obietto dell'ommagio, un regista confuso e emozionato" - come l'ha definito Caetano Veloso - cui immagini sono proiettate in totale assincronia con quel che accade sul palcoscenico, nonostante Gil abbia preparato un repertorio con pezzi tratti da colonne sonore di alcuni dei film. Naná, che è di casa e conosce la sua clientela, sale il palcoscenico portando uno alla volta berimbau, tabla e processatore eletronico di suoni, si siede per terra e fa sentire il suo show magico. La folla, che all'inizio è rimasta attonita, in dieci minuti già lo fischiava e lo mandava via!... via!... da lì, ma 50 minuti dopo l'avvio della performance non voleva lasciarlo uscire di cena anche se piovessero dei dardi.  

        Joao Gilberto sfila Desafinado, Chega de saudade e Samba de uma nota só e la sua versione di Estate, di Bruno Martino, con le corde della Sinfonica di Roma, pregiudicato da un impianto di suono deplorevole. Dice dopo la presentazione che è rimasto in palcoscenico soltanto per la sua gran voglia di cantare a Roma, dove non si presentava dal 1964. Non si è mai visto tanta tortura - vedere un evento rarissimo quasi andare in aria - perché Joao Gilberto non si è mai sottoposto a una tale calamità acustica.  

        Oltre Gil e Gal, che sono tornati con i suoi spettacoli della presente stagione, sono venuti il percussionista Djalma Correa, il cantautore Morais col figlio Davi Moreira, Paulinho Boca de Cantor, Caetano Veloso, Batatinha, Dorival e Nana Caymmi e... il trio eletrico di Dodo, Osmar e Armandinho nella serata di chiusura, quando Piazza Navona ha fatto il pienone. Un gigantesco "ballo", e nient'altro, al ritmo di successi dei Beatles e roba del genere. Pop nel carnevale baiano?! Chi oserebbe dirlo! - ammiranosi i romani sbalorditi, e più sbalorditi ancora guardano il camion con una carrozzeria alta dieci metri eretta in fretta da modelli fotografati a Salvador senza la supervisione di Osmar Macedo - uno dei inventori dei trii del carnevale baiano - e il suo figlio Armandinho, che vedendola già messa a posto, mostruosa, non han potuto far nulla. Fortunatamente, in un atto di buonsenso, il comune ha vietato la circolazione del camion. Peccato, perché i romani non hanno potuto vedere il trio eletrico - anche se molto male arredato e illuminato - in movimento, la sua vera e propria ragione d'essere, ma la misura potrà aver evitato una tragedia. Il comune temeva che un'eventuale caduta dello scatolone rovinasse l'insostituibili reliquie della piazza. E, di fatto, invece di sembrare aver paura di che la Chiesa di Gesù del rivale Borromini sgombri su di lui, pare che il barbone della Fontana dei Quattro Fiumi di Bernini stenda la mano spalancando gli occhi impaurito che quella "cosa" gli cada addosso. Tutto bene, insomma, perché in fine dei conti si è vista un'altra dimostrazione dell'altissimo livello di accetazione dei romani del made in Brasil in chiusura di una dell'estate più festive che la città abbia mai vissuto. Grazie a Falcao, l'onda brasiliana è inarrestabile.  

 

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Zico è di nuovo l'eroi della giornata. Torna a fare due gol, adesso contro il Catania. Uno su punizione e talmente strappante che quasi tutti i giornali pubblicano un box nel quale il 10 di Udine spiega come riesce ad essere così perfetto in tiri con la palla ferma: "Faccio un'ora di allenamento al giorno". Il titolo a tutta larghezza della prima pagina del Corriere dello Sport-Stadio attesta il suo straordinario successo in Italia: Roma e Zico in fuga. In un mese Zico ha segnato dieci gol. Tre su calci di punizione.

 

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        L'Udinese pareggia fuori casa con il Verona grazie a un gol di Zico, che comincia a rammaricarsi: Qui se non segno io non segna nessuno. Sei delle dieci reti dell'Udinese in campionato sono state fatte da lui.  

 

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      Il livello tecnico e estetico delle gare è abbastanza più soddisfacente, meglio ancora quando Zico è in campo, adesso portando dei guanti. Dopo i difensori avversari è arrivato il freddo per disturbare il suo brillante esordio in Italia. Il Gallino ha mancato la scorsa giornata per conto della "fillipina", una grippe fortissima che devasta la penisola e che gli ha fatto perdere tre chili. È stato il suo primo forfait nel campionato e la sua notorietà nelle prime giornate fa con che la RAI distacchi un reporter ai bordi del campo per chiedergli in esclusiva come si sente prima del ritorno. Tremando e senza lasciare di muoversi, il brasiliano - che veste anche una tutta da ginnastica sotto i pantaloncini - si limita a dire testualmente: C’ho ffreeeddo!

        Un tifoso dell'Udinese lascia un teschio e due tibie alla porta di casa del giocatore e la notizia viene pubblicata im prima pagina nei giornali di grande informazione. Il tifoso vorrebbe fare allontanare la "malafede" dei "nemici" del Gallo, ossia i suoi impietosi marcatori. Veementi protesti di Zico contro la mancata repressione degli arbitri alla loro violenza porta il giudice della  Federazione a applicargli la sua prima multa.

 

                              

 

        Paralelamente alla lotta per il titolo svolgesi una sfida forse più emozionante perché la regolarità della "zebra" fa molta gente scommettere che l'anno prossimo essa tornerà a esibire lo scudetto tricolore al petto. Zico ha segnato dieci gol in due mesi, media astronomica per l'Italia di uno per partita. Ma Platini non l'ha perso di vista. Ogni settimana, mentre la squadra guidata dall'astutto Trapattoni bada al catenaccio, il francese inventa quella picolla rete che fa la differenza, e con tutta la sua classe - e anche una prestazione più regolare di Boniek e Rossi, che ha già fatto dieci gol - mantiene la sua squadra serenamente in vetta.

        È una sfida emozionante.

        - Fallo all'entrata dell'area di attacco della Juventus. Platini pronto a battere!

        - Andiamo allora al Comunale di Torino, perché un'altra rete può essere in arrivo!

        E arriva...

        - Fallo pericoloso a favore dell'Udinese! Zico si appresta a batterlo!  

        - Andiamo a sentire, perché forse c'è un'altra rete in arrivo!

      E ce n'è... Ma dal suo modo di parrlarre con le erre accentuate e il tono arrogante di galese che vive col re in pancia Platini  suscita meno simpatia che il Gallino. Zico incanta di più anche per il beccheggio del suo ballo e per l'originalità dei suoi numeri sorprendenti. Platini è rispettato; Zico è ammirato. Non dimentichiamo però che Platini rappresenta l'arcirrivale d'una Italia pure qui divisa in due, da un lato a favore e dall'altro radicalmente contro la Juve - il nemico da battere. Zico porta la maglia d'un outsider, una squadretta di provincia che, se va meglio attrezzata, potrà anche sorprendere, ma che adesso come adesso è molto debole.

       Qualche volta Dirceu, nel Napoli, e il principe di Udine, Edinho - che stà imparando molto sul mestiere con l'ex Gioia del Popolo del Flamengo - aiutano a dar più brillo alla festa delle punizioni-che-sembrano-calci-di-rigore. I giornali specializzati continuano a dedicare ampi spazi per sminuzzare di tutti gli angoli di analisi possibili i misteri delle punizioni-che-sembrano-calci-di-rigore. Consequenza della sola forma trovata dai difensori per fermare le azioni del grande artista e un'ottima punizione, perché lui non ne sbaglia una: due piccoli balzi prima di dare un passo verso la palla e tirarla con forza e efetto di missile teleguidato, puntandola sempre agli angoli superiori o alla base dei pali. Tre allenatori inventarono altretante formule di barriera nel tentativo di impedire che la palla finisca in rete: col maggior numero possibile di giocatori; due barriere con pochi giocatori piazzati strategicamente; una piccola barriera e dua giocatori piazzati vicino ai palli. Ma non c'è modo di evitare le reti: i portieri restano fermi guardando la palla mentre essa s'infila in porta.  

        La subita adattazione di Zico al calcio sorprende soprattutto a chi pensava conoscere bene i mediani-attaccanti brasiliani e il suo gusto per la "vasca da bagno", come i brasiliani chiamano la zona più vicina alla porta dei avversari quando un giocatore si trova in fuori gioco. Non tanto per il genio inato, che è unico - e di questo già si aspettava tutto. Quel che fa sbalordire di più a tutti quanti è la abnegazione da lui dimostrata ogni domenica nella caccia al pallone a metà campo e, a manco di opportunità di slittare come gli piace nelle aree avversarie, il suo ingegno di fare uscire dalla tuba um magnifico espediente. Una prova in più di che genio è anche frutto di lavoro arduo.  

 

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     La squadra più vicina alla Juventus è la Fiorentina di Giancarlo De Sisti, il romano della Roma che ha vinto il campionato ’68-’69 coi viola e che ha giocato con l’azzurra la finale del Mondiale del 1970 contro lo squadrone di Pelè & compagnia.

     La Fiorentina sembra voler ripetere la gran prodezza di due anni fa, quando ha sorpassato la Roma e luttò fino alla fine per rubare lo scudetto all’altezzosa Signora. È al secondo posto con meno tre punti della leader quando è vittima d’un accidente di consequenze imprevidibili.

     Decimasettima giornata, 12 febbraio 1984. Zico si becca un premio di consolazione facendo la sua sedicesima rete in 16 partite nel derby delle Tre Venezie, che i bianconeri friulani perdono a casa col Verona. Platini segna anche la sua nella vittoria della Juve sulla Lazio (2-1) mantenendo la stessa distanza dal rivale.

 

     - Pronto?

     - Carissimo, saluti meridionali! Ho bisogno di un testo di 50 a 60 righe su Antognoni. Voglio saper se lui è fuori campionato, quanti anni ha, se è sposato, se ha sempre giocato nella Fiorentina, chi entra al posto suo, perché Bearzot lo ha messo fuori della nazionale italiana e il diavolo.

     - ...

     - Non sai cos’è chiudere una pagina dall’estero la domenica sapendo cosa succede e non avendo dell’informazioni. Per darti una idea, ogni agenzia stampa ha detto la sua. Arrivarono al punto di divulgare lo score di Ascoli-Inter sbagliato. Hanno detto che lui, Antognoni, aveva rotto la gamba destra, poi la sinistra. Han detto che Oriali (tuh) Pronto?

     - Pronto.

     - Si. Come te dicevo, han detto che Oriali ha fatto una rete per la Samp, poi che il centravanti della Roma, Patrizio Hernandez, ha sofferto un’azione fallosa da rigore, che Nela è stato espulso e che Tancredi ha difeso... Un bel pasticcio insomma. Per noialtri qui, a quest’ora, c’è del panico. Meno male che abbiamo un archivio proprio per disfare qualche pazzia. Ma non si può indovinare tutto!

     - D’accordo, caro. Il servizio segue fra due o tre ore. Cia-ao!

                                                                

  La triste e triste saga di Giancarlo Antognoni

 

     Già al 19º minuto del primo tempo di Fiorentina-Sampdoria per la diciassettesima giornata del campionato italiano di calcio il mezzala Giancarlo Antognoni aveva subito una carica ad un ginocchio all’entrata della grand’area avversaria, punizione che lui stesso ha battuto aprendo il punteggio, che chiuderebbe sul 3-0 per i toscani.

     Il calciatore si è risentito dell’infortunio fino alla fine del primo tempo, tanto che il suo allenatore gli ha domandato se non sarebbe il caso di sostittuirlo. Toscano di nascita e difensore della maglia viola da quando, dopo aver cresciuto alla Juventina di Perugia, arrivò a Firenze trasferito dall’Astimacobi, della Serie D, l’orgoglioso ed aguerrito Antognoni, che compie 30 anni il prossimo primo aprile, sembra deciso a dare tutto per la Fiorentina, prima la testa, adesso la gamba, come ha detto De Sisti dopo la partita, e ha deciso de tornare in campo.

     Novembre 1981. La Fiorentina insegue la Juventus da molto vicino all’inizio della corsa allo scudetto. In una partita contro l’altra squadra genovese, il Genoa, in lotta per il possesso di palla col portiere Martina, il giocatore ha preso un calcio in tempora che quasi lo ha ucciso. Antognoni ha sofferto una parata cardiaca di 25 secondi di cui si è ricoverato tramite respirazione bocca a bocca ed è rimasto quattro mesi lontano dai campi. Egli ha illibato il portiere di ogni colpa ma tutta la stampa italiana condannò il genovese per la sua azione fallosa.

     Meno di un anno dopo il rientro, in lotta per il possesso di palla con Pellegrini della Sampdoria a pochi metri del locale dell’incidente con Martina, Antognoni cade per terra e non gli resta più animo che per fare un acenno all’arbitro. Avvicinandosi per informarsi del suo stato, compagni e avversari ergono le braccia in aria e coprono il viso in disperazione. Vierchowod, della Sampdoria, ha accessi di vomito e Bertoni, della Fiorentina, piange. Il rapporto medico parla di frattura totale ed esposta di tibia e peronio della gamba destra, alla quale Antognoni era apoggiato per giocare la palla.

     La partita è stata disputata in clima di tanta violenza che Oriali ha preso un punto in testa e, d’accordo con la RAI, molti calciatori fiorentini esibivano segni di lotta aspera. C’è stato pure chi dalla panchina chiedesse più virilità a quelli della Fiorentina per far fronte alla violenza dei genovesi.

     Testimoni occulari hanno illibato Pellegrini: secondo l’arbitro, Giuseppe Mattei, che era vicino all’azione, l’incidente è stato totalmente fortuito. L’altro mezzala fiorentino, Pecci, ha detto che è stata un’azione inoffensiva: Pellegrini ha messo la gamba per tirare la palla.

     Preferirei aver perso la partita a perdere Antognoni in questo modo - commentò De Sisti già all’Ospedale Toscano, dove il giocatore è stato portato.

     La sfortuna sembra rondare la carriera di Giancarlo Antognoni, ex capitano della nazionale italiana, con la quale ha giocato 73 partite ufficiali e dalla quale è stato allontanato dopo la decisione di Bearzot di rinnovare l’elenco in vista del Mondiale del 1986. Il calciatore ha sofferto una contusione che l’ha fatto presentarsi male al Mundial di Argentina fino ad essere sostituito da Zaccarelli. L’anno scorso è uscito del campo nella partita di semifinale del Mondiale di Spagna contro la Polonia dopo aver subito una brutta carica che lo ha messo fuori anche della vittoriosa finale contro la Germania.

     Domenica, lui - che era considerato un pezzo indispensabile della squadra - ha detto addio alla lotta per lo scudetto di quest’anno. Antognoni sarà operato oggi e solo in quattro mesi dovrà tornare agli allenamenti.

                         

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        Pomeriggio luminoso di marzo. Stadio Olimpico zeppo di pubblico e bandiere, striscioni e fumogini multicolorati. La Roma - fino adesso molto irregolare - cambia divisa - ora veramente giallorossa, non giallo-oro e bordò, come negli ultimi anni - nella partita di andata dei quarti di finale di Coppa Campioni Europei contro il Dinamo di Berlino, squadra del Ministero dell'Interno tedesco-orientale con cinque presenze consecutive nel torneo. 

        Benché abbia quattro astri "mondiali" nel primo tempo la squadra casalinga è troppo nervosa e non riesce a sorpassare la difesa avversaria. Torna abbastanza meglio in ripresa, quando un calcio di punizione del capitano Di Bartolomei fa la palla esplodere in traversa, destabilizando il ferreo settore difensivo della squadra d'oltre Cortina. Adesso è il Dinamo  che trema. Graziani apre il conteggio ai 20 minuti e i romani si scatenano. Cerezo porta la palla da metà campo alla grand'area, resiste a cariche di tre avversari e è dirubato, ma lo sferico resta con Pruzzo, che fa il secondo gol. Il terzo è segnato a un minuto dalla fine dallo stesso Cerezo, che porta la platea al delirio in una delle sue migliori esibizioni in Italia.

 

 

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        Zico manca il gran rendez-vous della stagione, il derby brasiliano Roma-Udinese, in un Stadio Olimpico stracolmo in cui la sua squadra sarebbe vittima d'un pomeriggio indimenticabile dei anfitrioni brasiliani. In ogni modo, la maglia numero 10 di Udine ha “incarnato” in Edino Nazareth Filho, il libero del Friuli cui prestazioni al di sopra della media sono oscurate dal fulgore del compagno: ai 20 minuti di gioco Edinho mima Zico in un calcio di punizione facendo l'1-0. Dieci minuti dopo Falcao, in eccellente forma fisica e tecnica, punta il gol del pareggio con un colpo di testa. La partita trascorre in un clima di crescente ebollizione perché il risultato non cambia fino ai 23 minuti del secondo tempo, quando Cerezo segna il secondo gol della Roma e scatena nuova esplosione di gioia.  

        Quel minuto di gioco è uno dei momenti memorabili del campionato. Quasi in simultaneo al gol di Cerezo, allo Stadio Bentegodi di Verona Giuseppe Galderisi porta la squadra di casa in vantaggio contro la Juve, che aveva fatto una rete nel secondo minuto tramite Platini e è stata raggiunta al quinto della ripresa. All'intervallo la Roma era a cinque punti dalla Juventus. In pochi minuti ha visto la differenza scendere a due punti a soli sette giornate dalla fine. Preda d'entusiasmo infila altri due gol nell'Udinese e esce del campo candidata al secondo titolo consecutivo.  

        Disputata il 1º aprile 1984 anche la venticinquesima giornata rimarrà nella storia. Una contusione al ginocchio sinistro causata da un scontro col mediano interista Giuseppe Baresi impedisce il ritorno di Falcao per la ripresa di Roma 1-0 Inter. Ancora una volta i romanisti si rendono conto di come il cosidetto "cervello"  della squadra è importante: la Roma ha vinto solo perché Tancredi ha parato un calcio di rigore a 20 minuti dalla fine.  

 

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        Nuovo impasto nel rinnovo del contratto di Falcao. Da quanto si dice giocatore e presidente si sono trovati d'accordo sulla cifra e Viola chiamò a Roma Cristovao Colombo Miller, con chi ha avuto conversazioni di 15 ore circa, ma inaspettatamente si è ridotto al silenzio, lasciando l'avvocato tornare in Brasile senza concludere l'affare.

        La Roma ha gia lasciato Nils Liedholm andare via e adesso porta Falcao e Colombo all'obbligo di trovare un'alternativa, si già non ce l'hanno - denuncia la Gazzetta dello Sport in una notizia-intimazione che rifflete il clima intorno alla squadra: Roma è già stata scenario d'una battaglia all'Olimpico, con segni di gran nervosismo da parte dei tifosi, che non hanno ingoiato il 'rospo' Liedholm. Mette pure paura pensare a quel che potrà succedere il 30 maggio (giorno di finale di Coppa) nel caso di una sconfitta, con un stato di tensione che Viola sottovalorizza forse nella certezza di poter annunciare grandi acquisti che non si sa a cosa serviranno, perché non avrebbe ancora un allenatore per la squadra.

    Di nuovo si parla nell'alterezza e arroganza di Viola. I critici riconoscono che è stato lui il motore della nuova e brillante fase della Roma ma tornano a sottolineare che il potere gli è dato alla testa, volendo essere re e signore assoluto dei suoi domini, dove personaggi tanto o più amati come Liedholm e Falcao servirebbero solo per offuscargli il brillo.

 

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        Il Brasile va di moda in Italia in un momento in cui non è in voga neanche in Brasile, come usa dire Nelson Motta. Molti italiani hanno fatto un tifo micidiale per il calcio brasiliano fino alla sorprendente vittoria della squadra azzurra su quella solare al Sarrià. Consacrati tricampioni mondiali vestirano magliette e sventolarono bandiere gialloverdi gridando, stampando sui giornali e scrivendo sui muri che il Brasile è qui.

        L'ex-Gioia del Popolo del Flamengo è in Italia e fino a prova in contrario è la gioia del popolo di Udine, una città di provincia perduta nel nordest della penisola. Falcao, Zico e una decina di brasiliani del calcio trasferirano agli stadi di nord a sud d'Italia la gran festa che si faceva una volta al Maracanà di Rio e al Morumbi di San Paolo, oggi sotto minaccia di franare di solitudine.

        Il Brasile è rappresentato in tutta la richezza cromatica del suo popolo - il neretto Juary, il biondo Falcao, i mullati Cerezo e Junior, il bruno Dirceu, il luso-carioca Zico, adesso Socrates-faccia-da-indiano.

        Il Brasile va di moda in Italia per forti motivi mentre l'Italia, terra di esilio di alcune delle sue più gran richezze di espressione popolare, è più in voga in Brasile. Si rivela con questo intercambio quanto i due paesi hanno in comune per la trasfusione di sangue, usanze e abitudini operata da oltre un milione di emigrati un secolo fa. Ce ne sono punti di conttato pure in espressioni radicate nel suo quotidiano: caffone e granna travessarono l'oceano con la stessa gente che ha portato dall'altra parte il know-how della pizza, delle paste, della muzzarella e dei gnocchi.

        La storia dei antecedenti è breve e piuttosto chiara. Comincia con l'eredità del poeta Murilo Mendes, cui residenza nel centro storico della città eterna era una vera casa del Brasile, come testimonia la professoressa Luciana Stegagno Picchio, responsabile per la prima edizione mondiale (Feltrinelli Editore, Milano) del romanzo Zero, di Ignacio de Loyola Brandao. Poi è arrivato il poeta, diplomata e cantastorie Vinícius de Moraes che, con Chico Buarque e Toquinho plus Josephine Baker, 15 anni fa, ha fatto vedere le bellezze e tristezze della musica popolare brasiliana. Roberto Carlos fece storia invece nel festival di San Remo del 1969 cantando musica di Endrigo e Bardotti, Canzone Per Te, il più grande successo "brasiliano" di sempre in Italia. Il dolce ondeggiare della tecnica calcistica ha fatto crescere la curiosità degli italiani per tutto il resto: cinema underground degli anni '60-'70, candomblé, musica popolare, pop e funk del Brasile sono in teatri, salloni da conferenze, radio e tivu.

        Michele Ascolese suona la chitarra con l'accento brasiliano e parla brasiliano con l'accento napuletano. Come ha fatto a imparare a suonare cosi? Sentendo dei dischi. Vado pazzo per Helio Delmiro. E come mai parla di questa forma? Mi è bastato fare una digressione di due mesi in Italia con un spettacolo di mullate.  

        Due reti televisive esibiscono quattro sceneggiati brasiliani, prevalendo i prodotti della TV Globo, che dopo l'inaspettabile enorme successo di Schiava Isaura (ogni tanto con 24 milioni di spettatori all'ora di pranzo) ha aperto un ufficio a Roma e acquistò Telemontecarlo. La schiava ha fatto l'opinione pubblica italiana innamorarsene, esigendo la sua liberazione là dove sempre protestò contro le tiranie e ingiustizie - nei pasquini o murales:                                         

                        ISAURA LIBERA!

        I sceneggiatti doppiati sembrano made in Italy e il doppiaggio ha cancellato la sensualità di tigrezza della voce di Sonia Braga. Trama dopo trama gli italiani restano con una pallida idea di come si vive con la svalorata moneta brasiliana - non doppiabile -, ma amano il genero per quel che è, drama e commedia di vita, una lacrima qui, una barzelleta lì e una o altra bossa nova. Il lavoro di doppiaggio prende il doppio del tempo delle registrazioni. I brasiliani sono napolitani tedeschi, si sbalordisce un produttore di televisione, alludendo alla ferrea organizzazione in cui si basa la fabbrica di sceneggiatti della Globo. Con Dancin’ Days la rete di novelladipendenti aumenta a occhi visti, portando in Italia un fenomeno inaspettato e con carateristiche inedite: giovani e vecchi, casalinghe e commercianti, studenti e impiegati pronti a lasciare ogni occupazione al suono del magico generico delle ore 14, fino a che la novità stanchi.  

         - Il personaggio di Carlos (il Cacà), che professa una passione senza limiti per il 'cinema nuovo' di Glauber Rocha e l'ardente desiderio di imitarlo, è scritto  e interpretato con l'intenzione di tornare popolare un tipo di artista attrato dai mass media, soprattutto dal gusto di esprimersi. Un modello che, almeno da noi, è considerato l'opposto del fabriccante di emozioni un tanto al metro come si pensa debbano essere gli artisti di sceneggiati televisivi - solieva Tulio Kesich nel quadrello di resa intelettuale al genere Siamo in tanti, siamo belli i tifosi di ‘Dancin Days’, pubblicato su la Repubblica.

        L'America va di moda in Italia da quando Colombo l'ha scoperta. L'umorista Beppe Grillo presentò due anni fa una serie di sei emissioni su RAI 2 ironizzando uno dei più gran miti dell'Italia contemporanea: Te le do io, l’America. Attento alla novità emergente lo stesso Grillo lanciò marzo scorso Te le do io, il Brasile, con sei emissioni sul Brasile, record d'udienza di quel canale a quell'ora (10 milioni di spettatori) per i colori e i suoni più dispari della realtà brasiliana, dal rock di Rita Lee al musak di Jair Rodrigues e il carnevale di Joao de Barro, la bellezza del palleggio di Zico, la richezza della natura, l'esterminio degli indiani e la fame nei sertao e nelle grandi giungle di bettone. Gianni Minnà, l'animatore del programma più interessante dela tivu italiana, ha dedicato al Brasile tutta un'edizione di Blitz, sullo stesso canale della RAI: cinque ore con scuole di samba di Rio, Jorge Ben, Gal Costa, Caetano Veloso, Maria Bethania, Clementina de Jesus e Hermeto Pascoal - gli italiani stupefatti coi suoni sparati dallo stregone di capelloni solari.

        TeleMontecarlo esibisce ogni settimana registri di partite antiche e più recenti con gli assi che l'Italia non ha ancora importato e gli italiani sempre si domandano come mai in quel torrido pomeriggio del luglio 1982 la brava squadra azzurra è riuscita a vincere quei maestri. E come mai?

        Il Brasile è uno dei principali obiettivi dei italiani in escursioni a terre lontane e esotiche e l'Italia diventa il traguardo di gente famosa in Brasile e che qui si spassa nell'anonimato. Serata sì, serata sì si ritrova Milton Nascimento a un concerto dei amici Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams al Teatro Olimpico, qualche astro della Globo prendendo una boccata d'aria fresca a Piazza Navona, Naná Vasconcelos che esce dell'enoteca Da Hans, in via del Governo Vecchio, dopo aver inciso Acchiappa achiappa con Pino Daniele a Napoli e fra due concerti col trompettista Enrico Rava.

        Naná è di casa, conosce Roma da una decade, da quando suonava col sassofonista Sorrizo e il pianista Dusty all'inizio del suo lungo esilio, fra esiliati e italiani apassionati per il cinema novo. Glauber Rocha ha lasciato marche profonde qua. Ma l'onda Brasile in corso è dovuta a un maestro sui campi e nella vita che i romani preferiscono chiamare per tutto il nome: Paolo Rroberto Farcao. Che dà un'immagine di serietà e competenza che è la chiave con la quale il Brasile si abilita a aprire molte porte em Italia.

 

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                                Roma in festa aspetta i diavoli rossi

 

     Stendardi coi colori della squadra giallorossa punteggiati di gialloverde - perché Roma è la città più brasiliana d’Italia - danno più colorito all’affascinante richezza cromatica della capitale italiana, coi diversi toni di verde del musco sulle facciate ocre, gialle e rosse. Tifosi si muovono da una parte all’altra cavalcando motorini imbrogliati in bandiere. Bar e vendite romanisti rivestirano le pareti con gonfaloni, nastri e poster coi colori della squadra e le faccie dei suoi idoli.

     Molte strade e piazze che dopo la vittoria della Roma nel campionato dell’anno scorso passarono a chiamarsi Paulo Roberto Falcão - alcune pure con la tilde, cui funzione gli italiani non conoscono - sono pronte per la gran festa della sera in cui la sua squadra dovrà vincere il più importante torneo del continente

         Roma ner core

dicono orgogliose striscie giallorosse sovrastanti alcune delle vie e piazze, fra nastri e palloni con gli stessi colori. E per le strade del centro storico, tra striscioni, bandiere e palloni, come sulle città brasiliane in antiche serate di San Giovanni, passano auto e motorini suonando i claxon e da dove gli occupanti fischiano e gridano allegremente in incentivo alla squadra: Forza Roma!

     Anche il Colosseo è involto in bandiere e dando un tono ancora più pop alla festa esibisce un gran poster con le quattro faccie dei liverpooliani più famosi del mondo. E il tema di conversazione è uno solo. I romani implorano a San Pietro, patrono della città, di lasciare di bagnarli con la pioggia persistente che ha caduto per intere settimane e faccia con che il sole torni a brillare. Gli inglesi non sono accostumati al caldo e loro sperano anche un piccolo aiuto dai cieli nella sfida contro i diavoli rossi. Finalmente da due giorni il sole s’è fatto vedere e i termometri cominciano a registrare temperature estive, aprendo propettive di che il caldo sia un altro forte alleato della squadra casalinga.

     Circa diecimila tifosi del Liverpool tre volte campione europeo invadono i bar del centro storico e si annegano nella birra. Una delle maggiori preoccupazioni dei romani è stata la già leggendaria violenza dei tifosi d’oltre Manica per chi il calcio non è tanto bello senza la testa ben scaldata. Ma dopo aver letto su pagine e pagine di giornale mille analisi sulla violenza agli stadi gli anfitrioni si sono finalmente convinti di che i rivali di Liverpool stano fra i meno violenti del Regno Unito. Il giornale il Messaggero di Roma pubblica interviste con i beatles Harrison e McCartney. Paul dice che starà dinanzi alla tivu col beretto blu del rivale del Liverpool, l’Everton.

     In mezzo al clima di grossa tensione una agenzia stampa italiana distribuisce un telex annunciando che “l’otavo re” ha richiesto la nazionalità italiana, per cui dovrebbe aversi sposato in segreto. La notizia è subito smentita dallo stesso Falcao, che in un’intervista alla RAI rivela che per lui non esiste la donna ideale.

     - La donna ideale è quella che amiamo - confidenziò prima di fare la promessa di restare a Roma anche guadagnando meno di quel che imborserebbe in un’altra squadra. Le chiacchiere aumentano con rumori di che il suo avvocato ha firmato un contratto di due anni per quasi sei milioni di lire.

     Vincere la Coppa sarà più importante che la vittoria di Madrid, giura intanto Ciccio Graziani.

 

                         Il disastro dell’Olimpico

                              - Roma come Rio de Janeiro nel 1950 -

 

     Invece della festa il silenzio. La Roma ha sprecato nella decisione ai calci di rigore la prima opportunità di vincere la Coppa dei Club Campioni Europei. La freddezza e la maggior esperienza dei diavoli rossi in competizioni internazionali furono decisive. Lo Stadio Olimpico e la città eterna hanno vissuto un clima identico a quello del Maracanà e di tutto Rio de Janeiro nel 1950, quando dinanzi ad un pubblico di più di 150 mila persone il Brasile ha perso con l’Uruguay la sua prima opportunità di conquistare la Coppa Jules Rimet.

     Dopo due ore di gioco, quando l’arbitro svedese Friedriksson ha scelto la porta dalla parte dell’infiammata Curva Sud per i calci di rigore, sembrava che tutto fosse a favore della squadra locale e si è rinnovata la speranza di che, finito l’incubo della gara col pareggio di 1 a 1 dopo il tempo regolamentare e la mezz’ora di prorrogazione, la Coppa potrebbe restare dov’era, proprio a Roma.

     Nicol ha tirato troppo in alto il primo calcio degli inglesi, facendo con che la stragrande maggioranza di pubblico romano credesse ancora di più nel titolo, anche perché se sotto la porta del Liverpool c’era l’efficientissimo ex-poliziotto sudafricano Grobelaar la Roma contava con la possibilità di Franco Tancredi tornare a fare dei miracoli come quei sette calci di rigore che ha difeso lungo la stagione. Ma la fortuna ha voluto che proprio i tricampioni del mondo Conti e Graziani sbagliassero i suoi tiri e i visitanti hanno conquistato il trofeo per la quarta volta.

     Assistita da 70 mila tifosi che hanno proporzionato un incasso di circa un miliardo e duecento milioni di lire la partita non ha piaciuto, essendo stata dominata dal nervosismo della Roma e dal calcolismo dei britanici. Lungo tutta la seconda parte i diavoli inglesi hanno trattenuto il gioco nella sua metà campo per portarlo alla prorrogazione e magari ai rigori. Con almeno la metà di sua formazione composta da grandi assi del pallone nel primo tempo gli inglesi hanno fatto due attacchi pericolosissimi, segnando il suo gol quando Neal si ne approffitò di un pasticcio nella piccola area romana dopo un cross di Johnston e tirò verso la porta sguarnita. Il panico è tornato ad apossarssi della squadra casalinga quando, vicino alla sua grand’area, Righetti ha messo la palla ai piedi del temibile Ian Rush, che per il resto della partita è stato ben marcato dall’altro difensore Nappi e dallo stesso Righetti. Tancredi ha evitato il secondo gol liverpooliano scacciando all’angolo la palla tirata a bruciapello dall’infernale centravanti inglese. Ma lungo la maggior parte del primo tempo la Roma è riuscita ad esercire con competenza quel che sarebbe il suo compito principale lungo tutta la gara: impedire gli inglesi di mettere in pratica il suo abituale schema di gioco basato in scatti in blocco compatto in contropiedi velocissimi con l’obiettivo di fornire il suo cannoniere.

     Con i suoi due brasiliani giocando male la Roma è riuscita a pareggiare ad un minuto dell’intervalo, quando Conti ha lanciato la palla verso la grand’area e di spalle per Grobelaar Pruzzo la deviò in rete di testa.

     La partita ha migliorato un po’ in ripresa, soprattutto perché Falcao, fino allora molto arretrato, avanzò nel terreno ed è riuscito a creare qualche bella azione. Ma il pressing inglese impediva la progressione dell’attacco romano. Conti, molto ben marcato, quasi non toccò palla e la squadra fu obbligata a sviluppare tutte le azioni offensive sulla sinistra tramite il terzino Nela. Pruzzo soffre una contusione ed è sostituito da Chierico, che non produce niente di buono. Quasi al finale della prorrogazione Cerezo esce lesionato ed è sostituito dal giovane anglo-italiano Strukjl, che non ha neppure avuto il tempo di farsi vedere.

    Il mare di bandiere giallorosse era già ammansato e corale e stendardi dei tifosi del Liverpool hanno preso il sopravvento.

     La lotteria dei rigori ha finito per premiare la squadra più fredda e agevolata in queste situazioni. L’Olimpico, quasi pieno, non è rimasto in totale silenzio solo perché alla Curva Nord, ritrovo dei tifosi dell’arcirrivale della squadra romana, la Lazio, i circa diecimila tifosi inglesi facevano gazzarra, cantando inni d’esaltazione ai red devils. Quando le luci si spesero molta gente si domandava ancora: Perché Falcao non ha tirato un rigore? Pare che anche questa volta tutto dipese solo da lui.

 

     Niente di più terribile e liricamente brasiliano. Invece della festa un mercoledì di cenere del calcio. Una volta ancora la serata è stata riscattata dalla straordinaria vibrazione dei ultrà di Curva Sud, che subito dopo il primo gol della partita, quando il resto del pubblico si è abbattuto, reso faccia al dominio inglese, bradò per un tifo senza tregua cantando:

               TUTTO LO STADIO!!!                       

     Sonia Braga fa il riassunto del sentimento generale nella serata indimenticabile:

     - È sembrato molto alla forma come ho vissuto la sconfitta del Brasile con l’Italia due anni fa. A quell’epoca giravo il film “Gabriella” con Marcello Mastroianni a Parati, vicino a Rio de Janeiro, e dopo la partita ho avuto lo stesso sentimento di perdita e ho pensato alle sconfitte che abbiamo già vissuto e dovremmo ancora vivere, quel che mi fa ricordare un libro di Drummond (il poeta brasiliano Carlos Drummond de Andrade), “Perdere, Vincere, Vivere”. Coi brasiliani in campo siamo costretti a fare il tifo per il Brasile. Ma siccome non siamo mica romani possiamo anche raggionare meglio, perché si ha allo stesso tempo una relazione prossima e molto distante con quel che si svolge in campo. D’un momento all’altro, dopo quei rigori, c’è stato come che un taglio secco, come se tutto il mondo si avesse spento, perché niente era vinto o perso fino all’ultimo instante, e in un attimo lo stadio si è vuotato, rimanendo solo quel rumore dei tifosi in testa

                       Rooma!... Rooma!...

tutta la santa notte! Poi tutti mi facevano la stessa domanda: “Ma Falcao, perché non ha giocato bene? Cos’è successo a Falcao?!”

     La commessa del tabaccaio, normalmente prodiga in sorrisi e domande appasionate su Er Farcao, occhi e naso rossi di pianto, zitta serve e mutta riceve i soldi e dà il resto, mentre il re manda dire per telefono tramite mamma Ziza che si sente come in quel pomeriggio in cui abbiamo perso con l’Italia al Sarrià.

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                                                Il Dottore Dirette

 

 

                                       

        

    Davi di Michelangelo, nel suo atteggiamento a prima vista displicente, perché non si direbbe che, con l'apparente serenità con che guarda un po' di lato, si appreste a mettere in pratica un atto sanguinario, si somiglia piuttosto alla figura apollinea di Raí, il suo fratello più piccolo e non meno famoso. Socrates usa dire che non è stato lui ma il benjamino della famiglia, per il taglio fisico, la disciplina e il gusto per gli allenamenti, ad essere nato per diventare calciatore. Lui fuma, beve della birra e come il suo celebre onomastico protesta contro il potere stabilito. Come se con la lingua affilata volesse cambiare l'ordine delle cose con la stessa naturalità e rapidità con che inventa i suoi sempre sorprendenti tocchi di tallone. Ma come il Manè Garrincha dalle gambe storte prova che uno non bisogna essere un atleta completo per diventare asso del pallone. Perché ha i doti basici di tutti i ragazzini che sognano diventare grandi calciatori: abilità, intuizione, visione di gioco. Un essere anacronico in un ambiente che in qualche misura gli è strano e al quale anche lui è di alcun modo strano. Essere pensante, solidario e irreverente. Un'eccezionale eccezione alla regola.

   

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        Con Orlando è successo uno dei episodi più burleschi del frenetico ballo di contrattazioni del calcio alla soglia dell'industrializzazione, che riprendiamo da un altro resoconto del Guerin Sportivo:

        - Il primo anno, le scusanti non mancavano. L'apertura delle frontiere calcistiche era stata decisa tardivamente, fra mille ripensamenti e riserve mentali. Che le società, colte in contropiede, non fossero immediatamente entrate nel meccanismo e per superficialità e disinformazione facessero spese superflue era tutto sommato compreensibile e giustificabile. Ma adesso l'Udinese annuncia all'Ansa l'ingaggio del "ventisettene libero brasiliano Pereira Orlando". Alcuni giornali hanno replicato che Orlando aveva 33 anni e allora il direttore generale Dal Cin, dopo aver detto che secondo i suoi emissari Orlando aveva 31 anni, ha precisato che sarebbe andato in Brasile per appurare la verità. Strano che a nessuno fosse venuto in mente di chiedergli quanti anni aveva. Il suo futuro allenatore, Enzo Ferrari, ha detto: “A vederlo giocare non dimostra più di 25 anni." Siamo arrivati agli acquisti (da mezzo milliardo) per sensazioni. Evviva.

        Orlando fu sostituito da Edinho dopo un anno a Udine.

 

 

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Com'è Firenze all'arrivo del nuovo idolo? Una città piccola e brulicante che chiama l'attenzione nell'Italia del secondo "miracolo economico" - il cosidetto boom - per la grinta e l'ardire delle sue industrie di moda e cultura. Cinque secoli dopo la dolce città di arte e cultura sembra vivere ancora sotto la grazia e la disgrazia dei Medici... e di mostri. Ce l'ha pure un mostro contemporaneo, che la polizia pensa aver identificato ma non ha ancora trovato e arrestato per la morte di otto coppie nei suoi belvedere o boschi circondanti negli ultimi 15 anni. In un’era da humour dark un bel pasticcio neogotico. Il presumibile serial killer uccide le coppie - una, per sfortuna loro, di omossessuali - in notti di luna piena con una Beretta calibro 22 prima di con un bisturi o coltello afilatissimo tagliare con precisione chirurgica i capezzoli e le vulve delle donne. Firenze vive un eterno Rinascimento di straordinarie coniunzioni di forme, colori e sapori, con una delle riviste (Westuff) e uno dei gruppi di teatro (Magazzini Criminali) più avventati di Europa.  

 

        Di quale paese viene Socrates? Da un Brasile ancora sotto ditadura dove nelle più grandi città, fino a pochi anni, detenuti politici erano uccisi in sessioni di tortura. Che nel frattempo ha conosciuto un movimento operaio inedito dal quale è nato un partito a che aderirano grosse personalità del mondo artistico e intelettuale, come il sociologo  Sergio Buarque de Holanda, il suo figlio Chico, il critico letterario Antonio Candido e il giocatore Socrates Brasileiro Sampaio de Sousa de Oliveira. Un paese nel sentiero della ridemocratizzazione e pieno di speranze in un profondo cambiamento della sua brutta realtà poltica e sociale.

       Un paese sottosviluppato ma con borsoni di richezza equivalente a quella dell'Italia e con una disparità di distribuizione di reddito senza paragone fra i paesi col suo potenziale. Che fabbrica un paio di beni di prima linea venduti all'estero, come le stesse vetture Fiat che circolano in Italia con un adesivo con la bandierina del Brasile.  Ma l'attività stessa della Fiat in Italia e nel Brasile riflette la distanza fra due momenti storici assai distinti. Mentre in Brasile i metalurgici che fabbricano le sue auto sono all'avanguardia di un movimento laborale appena consolidato in Italia il sindacalismo operaio è in pieno occaso, messo al bando dalla crisi dell'industria trasformatrici e dei porti e dall'automazione delle linee di montaggio - quella di Fiorino, sede della Fiat a Torino, è già quasi completamente robotizzata. In questo aspetto l'Italia è nel minimo 20 anni in avanti del Brasile.  

 

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Socrates ha deluso i 19 mille tifosi che hanno fatto il pienone al piccolo stadio accanto al famoso lago nel Como 0-0 Fiorentina. Il Dottore è stato sostituito da Occhipinti pochi minuti prima della fine ma non si è esaltato:

        - In Brasile sono stato sostituito soltanto una volta, in una partita della nazionale, ma Onesti sa cosa deve fare per risolvere i problemi tecnici.

        Ancora convalescente De Sisti si affretta a dialogare col mediano.  

        - Dobbiamo essere vicini a lui, perché Socrates deve dare tre passi verso la squadra e questa soltanto uno nella sua direzione. Ho parlato più con l'uomo che con il giocatore - raccontò. La stampa continua a esternare impazienza nei suoi confronti, dicendo che  Socrates è più interessato in fare dei comizi che in giocare il pallone.

        Commentando la giornata Gianni Brera di la Repubblica equipara il caso di Socrates a quello di Maradona e è come sempre giocoso quando ci riporta all'ingenuità dei disadattati del calcio. Fuoritempo senz'altro, quest'interpretazione ci fa ricordare una lettera in cui un lettore del Guerin, a proposito dell'insuccesso di Eneas e Orlando, afferma che i tifosi sono troppo impazienti: Se un giocatore non mostra immediatamente tutte le sue qualità è finito. Ma non sono solo loro gli impazienti...

 

       So-cra-te!... So-cra-te!... So-cra-te!...

 

         Basta un'ora, tre giorni dopo, per che tutti i dubbi siano dissipati. Ogni tocco da maestro, che fa muovere tutta la squadra, porta il pubblico presente al Comunale di Firenze a alzarsi in una sola grida. Dimenticate le polemiche, pare evidente a tutti che basta un po' di tranquillità  per il Dottore dire molto anche nel discorso del pallone. Tiri al volo, imprevidibilli slanci da piccole e lunghe distanze, tutti i movimenti di Socrates eccitano e eletrizzano squadra e pubblico. Nella serata di Socrates la Fiorentina sconfigge il Fenerbahce per 2-0 e assicura la permanenza in Coppa Uefa.

        Quattro giorni dopo, in una partita di campionato, la Fiorentina vinceva l'Atalanta per 2-0 quando, isolato all'entrata della grand'area ma con la rete ben protetta dal portiere bergamasco, Socrates ha un'illuminazione e decide fare la palla passare sul corpo  di Benevelli. Lo stadio esplode in grida e ovazioni. Il Dottore segna il suo contratto d'affeto coi tifosi viola.  

        - La rete non è stata così importante. Fu solo la terza della squadra - disdegna il brasiliano, senza mai perdere di vista lo stacco con che vive gli alti e bassi del calcio. Nonostante tutto, dedica il "capolavoro" - come l'ha qualificato la critica - a Antognoni.

        Gli domando come si sente dopo la settimana di consacrazione a quanto pare definitiva.  

        - È sempre così. Una volta peggio, l'altra meglio...

 

 

         

       Anche Junior è di nuovo in distacco. Dopo la sensazionale goleata sul Napoli di Maradona il Torino è andato a Udine alla ricerca di una vittoria improbabile, perché da cinque anni i granata non vincono nel Friuli. Il Toro vince con una rete del centroavanti Aldo Serena ma è a Junior che sono diretti i più grandi elogi della partita, di che Zico non partecipa. Sorprendono nel brasiliano tanto l'estro nell'impostazione di azioni come le indiavolate infiltrazioni nelle difese avversarie. Fra gli stranieri d'Italia è quello che si è imposto più rapidamente a critica e tifosi.  

        Prima dell'inizio del campionato gl'esperti hanno garantito che, avendo solo cambiato allenatore e acquistato Junior, il Torino sarebbe ancora una volta una squadra da posizioni secondarie.  

        - Ma chi ha detto che il Torino non è una grande squadra? - reagisce l'uomo che da solo non farebbe la differenza. - Vedremmo cosa dovrà succedere - sfida con ironia.   

        Come mai questa rapida adattazione all'Italia e al Torino?

        - I tizi qua, direzione, allenatore e giocatori, sono molto bravi, oltre che ho imparato subito la lingua e questo è fondamentale per creare un buon ambiente. Così si può anche scherzare coi compagni, essere più vicini agli altri. 

        Sulle sue esibizioni molto al di sopra della media è più sintetico:  

         - Io sono sempre stato abbastanza regolare.  

     E non si eccede nemmeno in commenti sul sorprendente secondo posto della squadra.

        - Il Torino non sogna di vincere lo scudetto. Stiamo lottando per un posto in classifica che ci permetta di partecipare in Coppa Uefa e il Torino può facerla. Radice è molto serio e esigente. Va subito dicendoti in faccia quel che pensa e è quanto ci vuole per affinché esista un ambiente di rispetto e fiducia.  

 

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        Falcao fa il suo debutto solo nella sesta giornata e finalmente la Roma può contare con il suo allenatore in campo, che s'impone come un regista in un Roma x Verona che chi ha visto non si è pentito d'aver aiutato a riempire lo Stadio Olimpico per assistere a un 0-0 storico per lo spettacolo proporzionato dalla squadra di casa. Con un po' più di fortuna la Roma avrebbe vinto per 5-0. Lungo tutta la partita il leader del campionato è rimasto arretrato nella sua metà campo cercando di sopportare le investite di una Roma metamorfosata, con un pressing massacrante, Cerezo onnipresente, generoso e brillante e Falcao come un maestro, organizzando tutto il gioco quasi fermo sulla linea divisoria, in un ritorno trionfale. Temerario, ha lottato anche per il possesso di palla e quando, in un scontro con  Pietro Fanna, cade per terra con una mascara di dolore, la fedele  Curva Sud fa tutto lo stadio gridare: Falcao!

        In un pomeriggio benedetto il portiere Claudio Garella ha difeso pure col sedere, quando non è riuscito a respingere la palla all'uscita della piccola area come voleva lui e correva ancora accoccolato per protegere la rete della ricarica iminente.  Sembra un treno, si è sentito dire più volte della Roma in quella partita tanto fortunata per i visitanti.  

 

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      - Socrates, cosa c'hai? Ti manca qualcosa?  

        - Niente.

        - Sembri un po' giù...

        - No.

        - Qualcosa che riguarda la partita?

        - No, cose fuori della partita che non mi sono piaciute.

        - Come l'hai vista, la partita?  

        - Non voglio proprio commentare la partita.  

        - Allora, di che cosa vuoi parlare?  

        - Non voglio parlare di nulla. Non mi sento bene, sono molti i problemi.  

        - Come mai, non ti senti bene?

        - Non mi sento bene come essere umano, ecco.  

        - Sei pentito di essere venuto alla Fiorentina?

        (Aspetta un attimo, creando sospense.)

        - Non.

        Si attacca pure controvoglia:

       - Si dice che c'è malavoglia da qualche tuo compagno nei tuoi confronti, che non ti passano la palla, e che i giocatori della Fiorentina sono divisi in clan. E tu che ne dici?

        - Ah, lascia perdere... - scarta e ci saluta.

 

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        Distanti uno dall'altro i due stranieri sono il riflesso dell’isolamento dei membri della comunità brasiliana in Italia. Dice Edinho:

        - Il calcio da queste parti prende quasi tutto il tuo tempo. Abbiamo allenamenti di mattina e pomeriggio quasi tutti i giorni e non ci resta il tempo per fare altre cose. Perciò caso mai ci parliamo al telefono.

        - Come ti senti dopo oltre due anni a Udine?

       - Udine è una piccola città e essendo oriundo da Rio de Janeiro ho dovuto fare un grande sforzo per adattarmi. Insomma, trovo di essere molto rilassante vivere in una città così piccola. È una esperienza eccezionale per me. Ma ho avuto grossi guai col freddo. Ho dovuto imparare a vestirmi per non patirlo.

        - Sei stato perfino fischiato, Falcao - ricorda un giornalista.

       - Questo fa parte delle situazioni assurde che viviamo nel mondo del calcio. Se un giocatore o tutta la squadra, come la Roma oggi per un lungo periodo della partita, non stano bene il pubblico non si può permettere di fischiare, perché le cose rischiano di andare peggio ancora. Il pubblico deve sempre sostenerci.  

        Ma dalla tribuna stampa un presunto giornalista lanciava una raffica di insulti al re di Roma, che per lui dovrebbe essere già stato "spodestato". Falcao si giustifica:  

        - Ogni anno la Roma faceva un mese di preparazione atletica all'inizio della stagione. Quest'anno non l'ha fatta e il risultato è evidente: molti giocatori importanti sono dal riparto medico. Ho ripreso gli allenamenti soltanto la settimana scorsa e per raggiungere la piena forma, un buon potenziamento muscolare, ho bisogno di almeno un mese di preparazione. Tutto sommato mi è piaciuto il mio disimpegno ma tatticamente non stò bene. Per stare bene devo arrivare alla forma adequata.  

 

 

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Senofobia - il male di Socrates

 

       Socrates è solo un'astrazzione filosofica. Il tono è crudo, diretto e duro: Come tanti stranieri Socrates è venuto in Italia in pieno declino. L'ennesimo attacco - massiccio - risulta d'una inchiesta sul calciatore pubblicata dal settimanale Europeo, dove il brasiliano è presentato come esempio-padrone della pessima politica di acquisti di stranieri messa in pratica dalle società italiane negli ultimi anni.

        Dice Gianni Brera, il patriarca dei giornalisti sportivi italiani:  

        - Socrates è troppo lento. E con il Brasile, che è una squadra da soberbi ingenui, come ha dimostrato all'ultimo Mondiale, non ha mai vinto niente. Dobbiamo accorgerci però che  la Fiorentina quest'anno è una squadra tutta sbagliata. Non ha delle punte e è basata su trasportatori di palla volontariosi ma poco lucidi, come Massaro e Iachini,  oltre a un eccelente boia di centrocampo come Pecci. Si dice che passano poche palle al brasiliano, ma perché gliene dovrebbero passare, con quell'aria superiore e tutti i miliardi che guadagna, grazie ai ricchi italiani che in questo sono ancora più ingenui dei brasiliani?

        Il servizio fa l'analisi delle sventure di Socrates da quando è arrivato in Italia come il talone di Dio che avrebbe poputo magari ripetere l'impresa di Julinho, Julio Botelho, idolo viola  dal 1955 al '58, e del nero Amarildo, che incantò Firenze nella stagione '68-'69.  Parla del politico e sindacalista e del giocatore che, d'accordo con la rivista, ha toccato il fondo con la commovente preghiera agli spogliatoi dello Stadio Olimpico dopo la partita Roma-Fiorentina.

        Il regista Franco Zeffirelli, che si è dedicato allo studio delle ultime ore di Cristo, sostiene che la via crucis di Socrates si basa nell'eterno dilemma: Soffre di nostalgia, il male sottile che ha vittimato tanti esiliati sud americani, tra i quali il mitico Julinho, dice il tifoso onorario della Fiorentina, che di resto è il solo a non spingere troppo su di lui: I fiorentini sono malvaggi e impazienti. Dimenticano che persino Falcao e Platini hanno dovuto lavorare sodo ai suoi primordi italiani. Dobbiamo dare del tempo a questo povero Socrates, invece di crocifiggerlo.

        La rivista italiana elenca l'aneddotario fiorentino su Socrates, il Dottore Divago: Se ci serviva un intelettuale amante di Gramsci ci basterebbe prendere un studente di lettere, non un calciatore da cinque miliardi di lire.  

        Errore basilare del calciatore, secondo Europeo: essere venuto in Italia con l'aria da profeta che rivela verità sociali. Tutto al contrario le sue famose idee politiche sono rivoluzionarie in un paese arretrato come il Brasile, non fra di noi. Limitandoci al calcio, i nostri professionisti del pallone sono i più sindacalizzati del mondo, hanno fatto delle conquiste importantissime. Non hanno nulla da imparare con Socrates.

        Errore basico della famiglia Pontello, secondo Europeo: acquistando Socrates, non aver ridimensionato lo spazio di comando della squadra viola, prima guidata dai carismatici Passarella e Antognoni.

        D'accordo con rumori persistenti l'ex amministratore delegado della Fiorentina, Italo Allodi, s'è dimesso quando i Pontello cominciarono a parlare di Socrates. Non vedo di buon occhio nella Fiorentina una personalità indisciplinata e originale, un asso disdegnoso di concentrazioni e capace di fumare più di 40 sigarette al giorno - avrà detto Allodi mesi fa.  

        Il servizio sulla via crucis di Socrates sape di senofobia, termine che come sapiamo vuol dire avversione a stranieri e che viene dal grecco xenos: regalo. Regalo da grecchi... La Fiorentina, per caso? Paradossalmente il servizio è stato pubblicato cinque giorni prima che quattro brasiliani, fra i quali Socrates, si  distaccassero realizzando dei gol importanti per le sue squadre nell'ultima giornata di campionato. Prezioso e elegante il tocco di Socrates Brasileiro, scrive la Gazzetta dello Sport sulla rete con la quale il Dottore ha permesso alla Fiorentina uscire di Cremona con un punto in tasca. 

        - Non c'è niente di anormale. Come siamo in undici, credo, quando due o tre vano male è subito polemica - sdrammatizza Batista, altro eroi della domenica.

        E il raptus senofobo è più curioso quando, d'accordo con la stessa Gazzetta, tra i dieci più bravi giocatori del campionato italiano, sette sono stranieri, e tra loro ci sono Toninho Cerezo (il meglio apprezzato) e Junior (secondo e il migliore del Torino).

        Adesso il capitano (della nazionale brasiliana) non ha niente da perdere perché le sconfitte sono tutte alle sue spalle, sentenzia il servizio, illustrato da un close della faccia del giocatore con il capo basso allo spogliatoio dell'Olimpico, e un'altra in cui De Sisti punta il ditto e, dinanzi a lui, Socrates sembra guardarlo con disdegno.

        Per quando la redenzione?

 

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        Negli ultimi anni, quando si è deciso fare dell'Italia la capitale mondiale del calcio, l'arrivo dei più grand'assi del Mondiale di Spagna fu sottolineato con dei veri e propri carnevali. E non solo degli astri già consacrati. L'illustre sconosciuto Eloi, acquistato all'ora di chiusura del mercato, ha avuto una festa più grandi di quella regalata a Zico. Si capice: Genova ha già avuto una fase d'oro nel calcio e Udine no. Junior disse senza esitazioni nel corso del carnevale con che han voluto segnalare il suo arrivo che la capitale della Fiat sembrava Rio de Janeiro. Ciochezze - ma qualsiasi cosa andava bene in quel momento. Questo sì è il paese del calcio. Anche i cinici veneti, con il Verona compiendo inaspettate prodezze, non pensano già ad altro. Più che gioia, in Italia il calcio è vera ossessione.  

        Ossessione che, dopo qualche fiasco, la può portare pure alla pazzia. D'un momento all'altro, perché un ginocchio gli dà serii fastidi e non può giocare o presentarsi al meglio della forma, Falcao è stronizzato. Con problemi muscolari, Zico  è processato nella piazza giornalistico-sportiva.

        - Loro sono sfiduciosi. Non ti credono se dici che sei infortunato e ti mandano da uno specialista - dice Eloi sui problemi del collega di Udine.

        Socrates è già arrivato quasi al punto di una volta tanto cambiare la birra o il vino per la cicuta. Adesso, al debutto di un nuovo allenatore, detto il nonno, la sua Fiorentina suscita rinovate spettative positive. Ma non si può dire che tutto il casino che c'era a Firenze fino a poco fa sono acque passate. L'altro giorno, passeggiando di canale in canale col controllo rimoto, sintonizzo un'emittente locale e cosa sento? 

        - Socrates deve tornare a casa sua, paese di sottosvilupati. Qui non ha niente da insegnare a nessuno. È arrivato attorniato di fama ma non vale un soldo dei miliardi investiti nel suo acquisto.

        Tutto molto crudo, diretto, imbecile, insomma - non posso credere che è un giornalista a dire balle del genere. Ma cosa si legge pure su un giornale?

        - Zico torna ai campi soltanto a gennaio perché non potrebbe lasciare di andare a Rio ad abronzzarsi.

 

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     Zico non ha segnato nell’Udinese 4-1 Como ma tutti i gol (due del difensore Gerolin e due autorreti comasche) partironno dai suoi piedi. L’asso ha orchestrato l’attacco mitragliatrice della squadra, d’accordo con il Corriere della Sera.

     - Quando il signor Coimbra, più conosciuto come Zico, non gioca al livello che la sua classe impone ma tocca la palla quattro volte e fa segnare altretante reti solo se fosse pazzo potrebbe pensare in smettere di giocare. Il signor Arthur Antunes Coimbra compie 32 anni domenica prossima. È un’età in cui potrebbe decidere di tornare in Brasile, cercare nuove glorie internazionali e concludere la carriera o rimanere in Italia per fare felice Dal Cin nella seconda operazione del secolo in meno di due anni (e non sarebbe malfatto) ma mai andare in pensione. Zico è nel cuore della squadra del cuore dei friulani. Solo per conto suo il secondo tempo della partita contro il Como è stato per l’Udinese come picchiare dei bambini - sentenziò il giornale milanese.

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Zico dice che non ha fatto esportazione illegale di valuta

     Zico ha detto al giudice d'instruzione Giancarlo Buonocore che non esportò valuta dall'Italia illegalmente. L'accusa è stata fatta dalla Guardia di Finanza dopo un anno e mezzo d'inchiesta. Chiamato a deporre in tribunale il giocatore dell'Udinese ha detto che il contratto di pubblicità fra la sua squadra, lui stesso, tramite la sua ditta Zico Produzioni, e la Groupings Limited è stato firmato in Brasile e che, perciò, non può essere sottoposto alla legge fiscale italiana. Il giudice dovrà decidere nelle prossime ore si manda archiviare il processo o lo rinvia a giudizio. Il giocatore rischia l'applicazione di una pena di uno a sei anni di prigione e multa eguale o fino a quattro volte superiore all'ammonto della valuta che la polizia allega essere stata esportata illegalmente (um miliardo e trecento milioni di lire).

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Zico “salva la propria immagine”

     Dimenticando i problemi giudiziali e tornando al calcio per qualche ora tutta la stampa applaudisce il ritorno di Zico alla gran forma nella vittoria dell’Udinese sull’Inter per 2-1 con un gol del Gallino su calcio di punizione, la seconda rete del brasiliano in tutto il campionato. Zico salva la propria immagine e offusca quella dell’Inter, risalta  in titolo La Gazzetta dello Sport, che oltre al gol e all’assist a Miano per quel che ha dato la vittoria ai bianconeri ha contabilizzato 39 assistenze del brasiliano, di cui solo quattro sbagliate, tre palle rubate e soltanto una persa da lui in tutto il gioco.

     Mica per caso lui è il miglior giocatore del mondo, sottolineò l’allenatore Luis Vinicio. Il pubblico di Udine è andato in delirio. I brasiliani ballano di nuovo, dice il Reporter di Roma sull’esibizioni di Zico e Juary della Cremonese, che ha fatto il suo primo gol in campionato nella vittoria della sua squadra sul Como per 2-0. La critica considera Dirceu il miglior giocatore allo Stadio San Paolo nel pareggio di 1 a 1 fra Napoli e Ascoli, nonostante Maradona abbia commesso la prodezza di “inventare” il gol napolitano a sei minuti dalla fine di gioco.

 ... 

 

        Falcao  si è infortunato a otto giorni dell'inizio del campionato e ha giocato solo una mezza dozzina di partite.  Presto Cerezo lo ha raggiunto al riparto medico, dove è andato a finire altre volte lungo la competizione. Dopo una serie di attribulazioni dovute a problemi fisici e giudiziari,  Zico è stato sospeso per sei partite in sequenza a nuove critiche all'arbitraggio. Batista è stato lesionato da febbraio. Juary, ancora una volta, non ha avuto l'opportunità di "far vedere il suo calcio" in una squadra da Serie B che lo ha ingaggiato quando era già in coda alla classifica di Serie A e giocando solo per non perdere molti punti. L'ultima cosa in cui l'allenatore Mondonico potrebbe pensare sarebbe di far la Cremonese segnare reti contro le miliardari difese avversarie.  

        Socrates non ha dato prove d'adattazione al calcio, l'allenatore Valcareggi l'ha criticato per giocare solo al volo e quasi tutta la città ha contestato la direzione della Fiorentina per il suo acquisto. Il Dottore sembra aver convinto, sì, il pubblico non addetto ai lavori, occupando spazio nella stampa con opinioni su politica, cultura e futuro della società brasiliana.  Mischiandosi coi tifosi di Curva Fiesole per cercare di porre fine al "sciopero di tifo" della folla nel Fiorentina-Torino ha aggiunto qualche punto in più alla sua povera classifica personale d'apprezzo dalla parte dei fiorentini. Poco o niente: il suo esordio in Italia è stato un clamoroso fiasco.  

        Oltre a Dirceu, che in un Ascoli molto debole ha mostrato notevoli competenza e regolarità per un atleta della sua età, il vero "salvatore della patria" è stato Junior, considerato dalla critica il secondo miglior giocatore del campionato dopo Maradona. Come Zico l'anno prima, il pibe si è limitato a essere vice nella corte dell'imperatore-cannoniere Platini, ma - come il brasiliano del Torino e Zico - è stato uno dei pochi stranieri che ha convinto a tutti, con molta classe e saggezza, subito all'arrivo.

        Zico, l'uomo che da solo o quasi dovrebbe portare una squadretta di provincia a conquiste da sballo, ha finito, secondo i testimoni qui riassunti, per salvarla della retrocessione, di che è sfuggita per molto poco: l'Udinese s'è piazzata al 13° posto in classifica con soli tre punti in più dell'Ascoli, une delle tre rinviate in Serie B. 

 

          

 

 

        Al suono del gong nell'ultimo confronto Viola-Falcao, quando ancora una volta a Roma non si parlava d'altro, il deputado comunista Massino Serafini ha fatto un solenne saluto finale:

        - Sono diventato romanista per amore a Falcao. Solo per conto suo il calcio per me è diventado una specie di filosofia, di visione del mondo. Non potrei mai rassegnarmi all'ideia di vedere questo sport tornare ad essere una semplice successione di calci.  

 

                   

           © di illustrazione  Junior Toro - revoluciomnibus imagem

                  da una foto Zucchi/Guerin Sportivo, 1985

 

 

QUESTI SONO BRANI DI La triste e bella saga dei brasiliani CUI VERSIONE INTEGRALE ILLUSTRATA ONLINE PUÒ ESSERE ACCESSATA DA QUI

 

crediti autorali La triste e bella saga dei brasiliani illustrazioni: Falcão/Barilla: FotoReporters, 1981(Guerin Sportivo, Bologna, 1982); Zico: Guerin Sportivo, Bologna, 1982; Falcão Zico, Sócrates, Cerezo, Júnior e nazionale brasiliana del 1982: Guerin Sportivo, Bologna, 1982; Falcão e Edinho: Briguglio, Guerin Sportivo, Bologna, 1982; Falcão e Antognoni / Antognoni: FotoReporters, 1981, Guerin Sportivo, Bologna, 1981.

 

   

 

  

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